È necessario invertire l’opzione di voto per risolvere molte delle svariate criticità che affliggono il voto degli italiani all’estero. È questo quanto emerso dalle audizioni svoltesi in questi giorni presso la Giunta delle elezioni, le quali hanno visto la partecipazione di diversi professori di diritto.
La maggior parte degli auditi ci ha infatti indicato questa strada: dovremmo cessare l’invio indiscriminato e automatico di milioni di plichi elettorali agli italiani residenti all’estero. Invertendo l’opzione di voto, sarebbe il cittadino a dover esplicitare la sua volontà di votare per corrispondenza.
Non si può presumere, infatti, il permanere del legame con il nostro Paese di tutti i sei milioni di italiani nel mondo; e ciò, specialmente considerando la generosità con cui concediamo passaporti iure sanguinis ai discendenti di emigrati dell’Ottocento o del primo Novecento (un altro tema fondamentale emerso proprio durante queste audizioni: la riforma delle modalità con cui si ottiene la cittadinanza italiana servirebbe infatti anche a contrastare l’astensione elettorale).
L’inversione dell’opzione di voto permetterebbe, da una parte, di rendere manifesto il legame politico tra il cittadino e l’Italia; e, dall’altra, di aumentare la sicurezza del voto per corrispondenza, contribuendo persino a ridurre i costi delle operazioni di voto.
L’attuale procedura, infatti, non dà garanzia dell’avvenuta consegna del plico ai giusti destinatari, non è scalabile, è estremamente costosa, ed è poco efficiente. Inoltre, qualsiasi persona — anche straniera — che riceva il plico elettorale, potrebbe votare al posto del legittimo destinatario.
È da anni che stiamo delegando al caso la nostra democrazia. Mi auguro che le parole dei professori auditi in questi giorni non rimangano inascoltate.
