Una nostra connazionale, di doppia cittadinanza italo-marocchina, è stata condannata a tre anni e mezzo di carcere e a una multa di 50 mila dirhan (4.700 euro), per “vilipendio alla religione”, aggravata dalla “diffusione via social media”, quasi il massimo – cinque anni – previsto in Marocco per questo reato. Questo quanto reso noto dal ministero della giustizia di Rabat, il 28 giugno scorso.
Secondo notizie di stampa, la ventitreenne – nata a Vimercate (MB) da genitori marocchini, e studentessa a Marsiglia – nel 2019 descrisse, attraverso un post su Facebook, «il versetto coranico ‘Kautar’, quello in cui si obbligano i musulmani al sacrificio, come ‘versetto del whiskey’». Tale post, dopo aver ricevuto molti commenti ingiuriosi, venne immediatamente cancellato. Lo stesso, la giovane non evitò la denuncia di «un’associazione a carattere religioso».
Lo scorso 20 giugno, a due anni dal fatto, la ragazza partì da Marsiglia alla volta del Marocco «per passare le vacanze con una parte della famiglia di origine in occasione del 21 luglio, quando si festeggia il Sacrificio, una delle massime ricorrenze dell’Islam»; appena atterrata venne immediatamente arrestata e trasferita «nel carcere dell’Oudaya a qualche chilometro da Marrakech», la città dove in questi due anni è stato formalizzato il dossier dell’accusa. Il 28 giugno, quindi, la condanna; fonti di stampa dicono che l’ambasciata italiana in Marocco stia seguendo da vicino il caso, e che sia stata avanzata la richiesta per una visita consolare nel penitenziario.
Ho quindi depositato un’interrogazione chiedendo alla Farnesina quali iniziative stia approntando per tutelare la nostra concittadina in questa vicenda, che seguiamo con apprensione.
A questo link, il testo dell’atto.