Ignoranti e xenofobi: sono queste le parole usate dal deputato della Lega eletto in Sud America per attaccare, in un post, i politici che propongono di introdurre dei limiti generazionali al riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. Una riforma che reputo necessaria e che mi auguro avrà la giusta considerazione nella discussione in commissione.
Pensare che la cittadinanza italiana possa dipendere “dal sangue”, come suggerisce il deputato leghista nel suo post, ricorda lontani ragionamenti sulla razza, che mi auguro siano archiviati.
Sembra inoltre non avere nessun senso logico, nel momento in cui migliaia di cittadini stranieri diventano ogni anno cittadini italiani senza una trasfusione di sangue. E anche loro, una volta diventati italiani, possono tramandare la cittadinanza italiana a tutti i loro discendenti senza limiti generazionali, anche quando tornano a vivere nei loro paesi di origine.
È evidente che la cittadinanza non può essere una questione biologica ma solo culturale.
È lecito chiedersi quale sia il legame culturale con l’Italia di persone che discendono da italiani emigrati all’estero 160 anni fa. Così come è lecito chiedersi se sia giusto riconoscere la cittadinanza – automaticamente per diritto di nascita – senza nemmeno dover dimostrare un legame con il nostro paese.
Tutto questo, mentre si ostacola una riforma come quella dello ius scholae, per far diventare italiani bambini cresciuti nel nostro paese.