Cittadinanza “iure sanguinis”: è il momento di discuterne

Tempo di lettura: 2 minuti

Pubblicato il 01/07/2022
Non devono dimostrare di parlare italiano, non devono vivere in Italia, non devono frequentare cinque anni di scuola italiana: nonostante ciò, sono nostri connazionali per diritto, grazie a lontanissimi avi italiani.

Pensate che esistono pure gli “italiani latenti”: italiani che non sanno di essere italiani, di cui lo stato italiano ignora l’esistenza, e che tuttavia trasmettono ai figli, in automatico, la cittadinanza italiana che non sanno di avere!

Il sistema ha negli anni favorito diverse truffe: falsi avi italiani, false cittadinanze. Si stima un business di circa 250 milioni di euro.

In questo video provo a spiegare come funziona la trasmissione della cittadinanza iure sanguinis. La trovo una follia. E infatti siamo l’unico paese europeo ad avere un tale sistema. Ma trovo ancora più assurdo che i partiti che “difendono l’italianità” opponendosi allo ius scholae, non dicano nulla in merito a questa stortura, grazie alla quale, fra qualche anno, probabilmente la lingua più parlata dagli italiani non sarà nemmeno più l’italiano. Già ora si stimano 80 milioni di oriundi.

In commissione ho presentato degli emendamenti che purtroppo non sono stati discussi. Ma li ho ripresentati in aula.

Io credo che la cittadinanza sia una questione culturale. La scuola crea un legame culturale: ed è per questo che sono favorevole allo ius scholae.

Viceversa, un mero legame biologico con avi italiani emigrati anche centocinquant’anni fa, non può tradursi automaticamente — senza nemmeno verificare la persistenza di effettivi legami culturali – nel diritto di essere riconosciuti italiani, con tutti i diritti che ne conseguono; come, ad esempio, il diritto di voto.

È lo stesso ministero degli Interni, rispondendo ad una mia interrogazione a dirlo: «Si evidenzia che la trasmissione automatica della cittadinanza italiana per linea di discendenza e l’assenza di limiti generazionali alla ricostruzione della linea di trasmissione hanno favorito non solo la formazione di un cospicuo arretrato, ma anche un rilevante contenzioso in sede giurisdizionale».

E poi continua: «Il tema è infatti diventato sempre più rilevante, sia in considerazione dell’estrema vetustà delle linee di discendenza, talora insorte oltre un secolo fa, e della connessa innegabile rarefazione del vincolo di appartenenza al nostro Paese, sia tenuto conto del fatto che dal possesso della cittadinanza italiana scaturisce automaticamente la titolarità della cittadinanza europea, come previsto dall’articolo 20 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con conseguente diritto alla libertà di circolazione e di stabilimento in tutti i Paesi dell’Unione europea».

Penso sia arrivato il momento di discutere di questo tema.

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