Benessere animale: contro le bugie in etichetta

Tempo di lettura: 3 minuti

Pubblicato il 12/05/2022

Dobbiamo impedire che alcuni prodotti di origine animale, ottenuti attraverso pratiche tra le più crudeli dell’industria alimentare, possano fregiarsi di un’etichettatura impropria: quella che recita «benessere animale».

Ho deciso quindi di appoggiare la battaglia della “Coalizione contro le #BugielnEtichetta” depositando un’interrogazione sul tema, per chiedere ai Ministri Patuanelli e Speranza se abbiano intenzione di modificare lo schema di decreto dove questo scempio è previsto.

Nel testo si chiede anche di istituire un sistema di certificazione trasparente e all’avanguardia che preveda controlli regolari, da effettuarsi senza preavviso, alle strutture che scelgano di aderire a questo nascituro “Sistema di qualità nazionale per il benessere animale” (SQNBA).


Interrogazione a risposta scritta 4-12030
presentato da
SIRAGUSA Elisa
testo di
Lunedì 9 maggio 2022, seduta n. 690

SIRAGUSA, DORI, ROMANIELLO, PAOLO NICOLÒ ROMANO e MENGA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

con l’articolo 224-bis del cosiddetto «decreto Rilancio», pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel luglio 2021, il legislatore ha istituito il «Sistema di qualità nazionale per il benessere animale» (SQNBA); tale Sistema prevede – per gli operatori che, su base volontaria, decidano di aderirvi – un impegno ad osservare «requisiti di salute e di benessere animale superiori a quelli delle pertinenti norme europee e nazionali». Il progetto vedrà il suo avvio a seguito dell’emanazione di uno o più decreti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e della salute, previa intesa presso la Conferenza Stato-regioni;

come rilevato dalla «Coalizione contro le #BugielnEtichetta» (di cui fanno parte svariate associazioni non governative, tra le quali Animalisti Italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, CIWF Italia Onlus, Confconsumatori, ENPA, Essere Animali, Greenpeace, LAV, LEIDAA, Legambiente, OIPA, The Good Lobby) tra i prodotti di origine animale che rispetterebbero i requisiti fissati dalla bozza di decreto interministeriale, figurerebbero però anche «tutti i prodotti provenienti da scrofe in gabbia e suini che hanno subito il taglio della coda». Riceverebbero quindi una certificazione che prevederebbe di etichettare con il claim «benessere animale» anche pratiche che violerebbero «disposizioni contenute nella direttiva europea di protezione dei suini se effettuata in via sistematica». Inoltre, la certificazione prenderebbe in considerazione solo gli ultimi mesi di vita degli animali;

è sempre la Coalizione, inoltre, ad osservare come «tale certificazione garantirebbe priorità di accesso ai fondi PAC e PNRR, favorendo ancora una volta gli allevamenti di tipo intensivo, invece che stimolare la transizione verso sistemi più sostenibili». Ma non solo: verrebbe tradita «la fiducia dei consumatori, poiché non fornisce loro informazioni chiare e trasparenti sul metodo di allevamento degli animali, risultando al contrario estremamente ingannevole»; il consumatore, inoltre, si troverebbe paradossalmente a dover «pagare di più per prodotti ottenuti con metodi di allevamento intensivo, esattamente gli stessi di oggi»;

le associazioni menzionate propongono quindi la revisione del decreto in alcuni punti ritenuti essenziali, quali «l’introduzione di almeno cinque livelli diversificati per ogni specie, chiaramente visibili in etichetta; la cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione di benessere animale – azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa certificazione; la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale» –:

se i Ministri interrogati abbiano intenzione di modificare l’attuale schema di decreto, al fine di impedire che alcuni prodotti di origine animale, ottenuti attraverso pratiche tra le più crudeli dell’industria alimentare, possano fregiarsi di un’etichettatura impropria, quale è quella prevista dal suddetto Sistema Sqnba («benessere animale»); istituendo quindi un sistema di certificazione trasparente e all’avanguardia che preveda controlli regolari, da effettuarsi senza preavviso, alle strutture aderenti al medesimo.

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